Gli studi sul neuromarketing hanno lo scopo di comprendere quali siano i meccanismi di decisione d’acquisto dei prodotti, per dare una risposta alla domanda “cosa ci porta all’acquisto?”, e non hanno alcuna relazione con la comunicazione subliminale, vietata proprio in virtù della scorrettezza nei confronti dell’acquirente.
Le aziende hanno cominciato a interessarsi al neuromarketing a causa dell’inadeguatezza dei metodi usati tradizionalmente per determinare i meccanismi di preferenza e di decisione degli acquirenti: i vecchi metodi, infatti, spesso trascurano aspetti molto importanti come le emozioni e i ricordi, e sono generalmente fondati sul presupposto che i processi di scelta siano puntualmente riconoscibili e dichiarabili da parte dei soggetti che li sperimentano, presupposto che le ricerche hanno rivelato essere inesatto.
Il neuromarketing è una branca di riferimento della cosiddetta neuroeconomia e indica una recente disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d’acquisto, mediante l’utilizzo di metodologie legate alle scoperte delle neuroscienze. È una disciplina che fonde il marketing tradizionale (economia) con neurologia (medicina) e psicologia (scienze comportamentali) e si prefigge di illustrare ciò che accade nel cervello delle persone in risposta ad alcuni stimoli relativi a prodotti, marche o pubblicità, con l’obiettivo di determinare le strategie che spingono all’acquisto. L’interessamento del sistema nervoso centrale, e in particolar modo delle zone cerebrali attive durante l’esecuzione del processo decisionale, sono all’origine della composizione del nome, coniato dal ricercatore olandese Ale Smidts nel 2002.
“l’insieme delle tecniche di identificazione dei meccanismi cerebrali orientate a una maggiore comprensione del comportamento del consumatore per l’elaborazione di più efficaci strategie di marketing”.
(Ale Smidts)
L’aspetto emozionale e comportamentale gioca un ruolo fondamentale per il processo decisionale che il soggetto compie, ecco perché l’obiettivo principale del neuromarketing è quello di capire cosa spinge una persona a comprare un determinato prodotto o servizio. Basti pensare al packaging, al posizionamento nello scaffale, ai colori, alle forme utilizzate e molto altro.
In Italia, un interessante punto di vista, ci è dato dal professor Roberto Pone, autore di due libri, per la collana di Confcommercio Le Bussole, sul neuromarketing, sia nelle aziende sia nei servizi. Ospite del webinair di Confcommercio Chieti, ci ha illustrato come il neuromarketing stia diventando molto importante nel mondo dei servizi. Partendo dall’analisi del cervello del cliente ci illustra come progettare l’esperienza attraverso i bias cognitivi e ci mostra diversi esempi di attività nelle quali questa disciplina può dare risultati interessanti.
Esiste una nuova frontiera delle vendite, che punta a indirizzare il cliente non aumentando la pressione sullo stesso, ma agendo sulla rimozione delle barriere che frenano la scelta. E quindi, grazie alla cura di piccoli ma importanti aspetti della relazione con il cliente, che agiscono come veri e propri acceleratori della decisione, è possibile arrivare alla vendita con meno sforzo. L’impatto iniziale influenza la valutazione della qualità dell’esperienza, ma il ricordo si basa in prevalenza sui momenti di picco emotivo e su come questa esperienza si conclude. L’esperienza positiva si fissa nel cervello del cliente che la ricorderà e desidererà ripeterla nel tempo. Il buon venditore deve iniziare a vendere non solo alla parte razionale, ma anche alla parte emotiva, che è fondamentale nell’accompagnare le scelte del consumatore; parlare al cervello antico, conoscere e gestire i bias cognitivi, necessita di accorgimenti nella comunicazione, nel modo di proporre e nel modo di porsi.
I bias cognitivi sono forme di comportamento mentale evoluto: alcuni rappresentano forme di adattamento, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario; altri invece derivano dalla mancanza di meccanismi mentali adeguati, o dalla errata applicazione di un meccanismo altrimenti positivo in altre circostanze.
La prima impressione è quella che conta. Perciò sarà necessario prestare attenzione alle prime reazioni del cliente, anche online, perché queste sono formulate in in maniera rapidissima e quasi impossibili da modificare. In questo contesto l’accoglienza diventa fondamentale, come la conoscenza del cliente e dei suoi desideri e gusti, cercando di evitare domande non necessarie per la vendita del nostro servizio e creando nel nostro discorso più picchi emotivi. Suoni, profumi, colori, immagini e esperienze tattili diventano i nostri alleati più preziosi, che ci permetteranno di offrire un’esperienza unica e indelebile al nostro cliente.
In quest’anno che segnerà la ripartenza del Paese e del sistema Italia, noi di Ebter Abruzzo, insieme ai nostri partner, vogliamo imporci sempre più come punto di riferimento per il terziario.
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