Uno dei compiti di EBTER Abruzzo è analizzare il quadro generale delle aziende associate, sia in ambito sociale, di sicurezza, sia in ambito economico. Ad Agosto abbiamo presentato, in collaborazione con l’agenzia Format Research la nostra analisi sull’andamento dell’economia del settore terziario abruzzese (formatresearch.com), evidenziando la forte sofferenza emersa nel primo semestre del 2020, causa anche il lungo lockdown primaverile. I dati emersi sono preoccupanti, con un 70% delle aziende che dichiara di trovarsi in una situazione economica difficoltosa.

Le imprese del commercio, i bar, i ristoranti, gli alberghi e il mondo dei servizi della regione in genere, indagine alla mano, lamentano la difficoltà di fare fronte al proprio fabbisogno finanziario. Le misure di solidarietà adottate dal Governo centrale, infatti, hanno tamponato soltanto in parte fino ad oggi l’impatto della crisi sul fronte occupazione. Due imprese su cinque sono in difficoltà a causa della crisi nel rispettare le scadenze degli oneri contributivi e fiscali e nel rispondere ai propri impegni nei confronti di fornitori o al pagamento delle bollette.

E, anche se il clima più disteso dell’estate ha contribuito in parte a ridurre le perdite, la seconda ondata autunnale della pandemia sta facendo molta paura, sia alle imprese, sia ai consumatori. I dpcm di questi giorni hanno scongiurato, almeno per il momento, il rischio di un altro lockdown generalizzato, ma la paura che questa misura estrema possa essere adottata è crescente. Infatti, alle misure stringenti per bar, ristoranti, palestre, piscine, centri sportivi, cinema e teatri, potrebbero aggiungersi nuove limitazioni nel caso il contagio non scenda a livelli agilmente controllabili dai sistemi sanitari.

A questo proposito è intervenuto, tra gli altri, anche il presidente di Confcommercio Sangalli, che al Mattino ha dichiarato a proposito di un’eventuale nuova chiusura:

“Sarebbe una catastrofe con un costo economico e sociale davvero insostenibile da parte di un Paese che, secondo la Nota di aggiornamento al Def, chiuderà l’anno con un Pil in calo del 9%. Ma che potrebbe anche peggiorare nell’ipotesi di uno scenario epidemiologico avverso con la reintroduzione di misure precauzionali, sia pure meno drastiche di quelle della scorsa primavera. Non possiamo permettercelo.
Serve un impegno da parte di tutti per scongiurare questo rischio. Ma soprattutto servono dialogo e collaborazione stretta con il governo perché ci vogliono regole, protocolli e controlli il più possibile efficaci ed equilibrati per tenere insieme salute pubblica e ripresa economica.
Ci sono intere filiere, soprattutto quella del turismo, che hanno azzerato i loro fatturati e moltissime imprese del commercio al dettaglio hanno già chiuso definitivamente l’attività. Ma ci sono anche tante imprese che ancora oggi – tra difficoltà di accesso al credito, calo dei – consumi e un futuro molto incerto – rischiano di chiudere, con inevitabili ripercussioni anche per l’occupazione”.

Se guardiamo il quadro generale dell’economia ci sono solo indicatori negativi. Abbiamo una forte flessione di tutti i settori del terziario e dei servizi, un aumento esponenziale delle ore richieste di cassa integrazione (sia ordinaria sia in deroga), un crollo dell’occupazione giovanile, le persone si muovono di meno e tendono a non frequentare luoghi troppo affollati (lab24.ilsole24ore.com).

Le soluzioni per invertire la tendenza, purtroppo, non sono molte. Bisogna continuare a rispettare le regole INAIL e le linee dettate dal CTS, perciò offrire alla clientela un ambiente sanificato, rispettare il distanziamento sociale e rinnovare l’invito ai nostri clienti di non assembrarsi.

Per le attività colpite dai provvedimenti del dpcm del 25 ottobre, il governo ha varato un piano, denominato “Decreto Ristoro” in modo da aiutare velocemente e concretamente le aziende coinvolte.

È difficile trovare qualche indicatore positivo, anche se, nella nostra realtà abruzzese, qualche piccola speranza si intravede nella reazione di una parte del mondo del terziario. La spinta verso un vero smartworking, la volontà di molte aziende di continuare con i servizi delivery e di vendita online, sono piccoli spiragli di luce in un tunnel ancora buio.