Si sa, gli italiani hanno sempre avuto un rapporto controverso col tempo. Siamo un popolo frenetico, all’esasperata ricerca di qualche ora in più ogni giorno, un popolo che cerca nel multitasking la soluzione a questi problemi e che ricerca nelle tecnologie una mano di aiuto. Questo trend si sta amplificando in questi ultimi mesi dove, dopo il rallentamento della pandemia, ci stiamo riappropriando delle nostre abitudini pre covid.
Dall’incubo pandemico, non sta nascendo solo un nuovo tipo di negozio o un nuovo modo di pensare al marketing, ma sta uscendo, soprattutto, un nuovo consumatore. Questo nuovo consumatore, che potremmo definire 4.0, è caratterizzato da una mancanza di tempo, pazienza e attenzione, è centrato sulla sfera domestica e di prossimità, è molto attento e consapevole, cauto e riflessivo, esigente e digitale e si è spostato verso uno stile di shopping omnicanale, cioè per lui online e di prossimità sono un tuttuno.
Centrale, in questo cambio di stile di consumo, è il fattore tempo. Come ci spiega Roberto Ravazzoni, nel seminario per Confcommercio, possiamo individuare delle dimensioni portanti del tempo per ogni persona; queste sono il tempo retribuito, quello dedicato agli spostamenti, quello personale, il tempo dedicato alla cura della casa e della famiglia e il tempo libero o liberato.
A noi interessano soprattutto le varianti che riguardano il tempo degli spostamenti e il tempo liberato. Queste sono anche interconnesse tra loro, infatti sono anni che si sostiene che liberare tempo e facilitare gli spostamenti produrrebbe dei riflessi positivi sui consumi delle famiglie. Questo paradigma però è da aggiornare alla particolare fase storica che stiamo vivendo, con una pandemia in corso e con una rivoluzione digitale e commerciale sempre più persuasiva.
Sino a qualche anno fa si cercava di liberare il tempo per facilitare gli spostamenti, soprattutto quelli lavorativi. Teoricamente il tempo massimo che i cittadini dovrebbero impiegare per questi spostamenti è di 15 minuti, ma, a oggi, quasi 4 milioni di italiani ci impiegano più di mezz’ora, sino ad arrivare a oltre due ore nei contesti più estremi. Oggi non si cerca solo il risparmio temporale, ma esperienze di spostamento comode, fluide e sicure. Infatti si tende a ricercare una migliore qualità della vita e, gli italiani, sono disposti a riconoscere un valore di prezzo più alto a un servizio del genere.
Ed è in questo nuovo paradigma che stanno cambiando i processi di consumo delle famiglie: queste si comportano sempre più come tante piccole imprese finalizzate alla produzione di servizi per i propri componenti. Questi servizi vanno da quelli essenziali, come il nutrirsi, il vestirsi e la salute, a quelli più apparentemente frivoli e meno indispensabili, come il pet shop o la cena al ristorante. In questa dicotomia tempo/consumi il consumatore contemporaneo si trova di fronte a una piccola sfida, cioè quella di ottimizzare il tempo e liberarne di nuovo per non cadere nel circolo vizioso della frenesia.
Abbiamo sempre pensato che le nuove tecnologie, e il digitale, fossero una soluzione importante a questo problema, ma è veramente così? In realtà le nuove tecnologie più che liberare tempo sembra che ne assorbono, perciò i consumatori non liberano tempo grazie ad esse. Il consumatore diventa camaleontico, è un mix di micro comportamenti, anche contrastanti (velocità e lentezza nella stessa occasione di acquisto ad esempio) ma, possiamo osservare che determinate peculiarità rimangono sempre, come la ricerca della convenienza, la comodità, il risparmio di tempo e, soprattutto in questo periodo, la sicurezza.
Come già detto il consumatore 4.0 va veloce, utilizza lo smartphone anche nel momento degli acquisti e, spesso, pianifica la spesa da casa in modo da metterci meno tempo possibile. Però non dobbiamo scordarci che questo consumatore è anche disposto a rallentare se viene coinvolto in una rappresentazione interessante. Mai come negli ultimi 2 anni chi acquista vuole essere co-protagonista, e lo vuole essere sempre più in qualunque contesto, sia di prossimità che digitale.
La nuova sfida per il commercio è questa: ideare delle strategie di marketing che possano coinvolgere sempre di più il consumatore moderno nelle dinamiche del negozio o nell’erogazione di servizi e renderlo parte attiva del progetto. L’esercente dovrà trovare il modo di creare le condizioni che facciano rallentare il consumatore e farlo partecipare alla rappresentazione del nuovo retail ibrido. Il tempo è sicuramente una risorsa importante, ma non deve diventare mai un ossessione, soprattutto per chi acquista.
Noi operatori del terziario dobbiamo iniziare a convivere anche col cambiamento dei nostri clienti, con un nuovo stile di consumatore più pretenzioso e attento, ma che capisce meglio il valore di un servizio. La nostra offerta dovrà cambiare, non basarsi solo sui prodotti in punto vendita, ma sull’esperienza, anche digitale, che andiamo ad offrire al cliente. Il tempo, la pazienza, le nuove strategie di marketing, il coinvolgimento e la sicurezza creeranno nuovo engagement e, di conseguenza, maggior fidelizzazione e profitti.